Salvatore Ritrovato
Italia. 1967. Ha pubblicato le raccolte di versi Quanta vita (Book, Ferrara 1997), Via della pesa (Book, Ferrara 2003), Come chi non torna (Raffaelli, Rimini 2008); alcune plaquettes di traduzioni e imitazioni, Asclepiade (Levante, Bari 2000), Prévert (Cartotecnica, Venezia 2002); e il libretto in e-book Dedo, presso i «Quaderni di RebStein XIV, Dicembre 2009, sulla vita di Amedeo Modigliani, messo in musica da Delilah Gutman (Fiera dell’arte contemporanea, Forlì, 23-26 novembre 2007). Ha curato l’antologia tematica di poesia contemporanea Dentro il paesaggio. Poeti e natura (Archinto, Milano 2006) e raccolto saggi e interventi sulla poesia contemporanea in La differenza della poesia (Puntoacapo, Novi Ligure 2009), e Piccole patrie. Il Gargano e altri Sud letterari (Stilo, Bari, 2011). Collabora e scrive di letteratura e cultura contemporanea su giornali e riviste («Atelier», «Clandestino», «incroci», «Poesia», «Semicerchio», «Ali», «Alias», «Corriere del Sud», «l’Attacco» ecc.). Insegna Letteratura Italiana all’Università di Urbino, dove vive.
Edición bilingüe. Traduzioni di Emilio Coco (I primi quattro testi – Di quelle giornate, Amore fa la spola, Più di malinconia che di paura e Non far caso – sono state pubblicate nella raccolta Via della Pesa (Book Editore, 2003). Le altre sono uscite sulla rivista “Atelier”)
Di quelle giornate
Di quelle giornate lunghe, cosa affiora o si rivela
cosa può e vuole dire, di quelle immense mobili distanze
un verso lento come questo nella sua chiarezza
nella sua lingua che si rifiuta adesso
(si rifiutava allora) di chiederti una parola?
De
Aquel verano
De aquellos días largos, ¿qué aflora o se
revela
qué puede y quiere decir de aquellas
inmensas móviles distancias,
un verso lento como éste, en su claridad,
en su lengua que se niega ahora
(se negaba entonces) a pedirte una palabra?
Amore fa la spola
Amore fa la spola fra l’invariata
fuga di un’onda e l’avventura
di un’ora, scarduffa i capelli
li asciuga, s’invola in una buca.
Esiste ancora, forse: è una civiltà sepolta.
Così mi chiudo anch’io
nella faglia del mio ombrellone
mossa sulla sabbia come una cupa
infiorescenza che spezza la visione.
Lei si accosta a consultare l’ambulante
cupìdo di colore, ed io li sento.
Vende visiere, cocco, gli orologi senza
lancette per le ore.
Contesto il prezzo di questa metamorfosi.
Amor va y viene
Amor va y viene entre la invariada
fuga de una ola y la aventura
de una hora, desgreña los cabellos
los seca,
desaparece en un hoyo.
Quizás, aún existe: es una civilización
sepultada.
Así yo también me encierro
en la falla de mi sombrilla
que se mueve en la arena come una oscura
inflorescencia rompiendo la visión.
Ella se acerca, consulta el ambulante
cupido de color,
y yo los oigo.
Vende viseras,
coco, relojes sin
agujas para las
horas.
Impugno el precio de esta metamorfosis.
Più di malinconia che di paura
Delirio del domani, reticenza
di un evento salutare:
ti sei accorta che non posso
sconfiggere il mio stato temporale
dove è più effimero il sentimento
del calore delle tue mani.
Perciò un giorno resterò per sempre a letto
ma non sarò morto avrò cambiato solo aspetto.
E io mi guarderò così, piangendo,
con gli occhi tuoi che guardo ridere
naso a naso, e salutare,
e girare questa camera,
in silenzio.
Más de melancolía que de
miedo
Delirio del mañana, reticencia
de un acontecimiento saludable:
te has dado cuenta de que no puedo
acabar con mi estado temporal
donde es más efímero el sentimiento
que el calor de tus manos.
Por ello un día me quedaré para siempre en la cama
pero no habré muerto, habré cambiado sólo aspecto.
Y yo me veré así, llorando,
con tus ojos que miro
reírse
nariz contra nariz, y saludar,
y recorrer esta habitación,
en silencio.
Non far caso
Non far caso a questa cornea trasparente:
un occhio è miope per dispetto,
non ti vede ma ti sente;
l’altro, che raccoglie timido
e curvo nella lente le tue parole
non si spazienta.
Il buio cresce e avvolge anche lo specchio
che diffondeva alle tue spalle
l’ombra calda e instabile di un furetto.
Presto torno nella nuvola che mi ha cacciato sotto il letto
e il muro tormentato da un nugolo
di insetti potrà svanire.
Il gatto casca assorto sul divano.
Solo un angelo demente ti potrà rapire.
No hagas caso
No hagas caso a esta córnea transparente:
un ojo es miope por despecho,
no te ve pero te oye;
el otro, que acoge tímido
y curvo en la
lente tus palabras
no se impacienta.
La oscuridad crece y envuelve hasta el
espero
que difundía
detrás de ti
la sombra cálida
e inestable de un hurón.
Pronto vuelve la
nube que me echó bajo la cama
y la pared
atormentada por un enjambre
de insectos podrá
desvanecerse,
El gato cae absorto en el sofá.
Sólo un ángel demente podrá raptarte.
Su una vecchia fotografia
Chi mi fissa di voi in questa lucida carta?
Che brusio è scomparso dallo schermo
muto di questa kodak?
Trent’anni e una parola per tenere
quelle pupille, filmarne il verso
giusto che esse seguirono in un frangente
il loro consenso fulmineo
l’attimo di meraviglia, non basta.
Verrò ad abitare un giorno con voi
dove non scorre linfa, non trasuda
spirito di focolare e pietà s’appanna.
Pure finirà tutto, in un ostensorio cesellato
accuratamente, o in un calice
sollevato sull’altare; cesserà l’andirivieni
fra me e voi che mi aspettate
laggiù, sulle scale, dopo un matrimonio.
Sobre una vieja fotografía ¿Quién de vosotros me mira en esta
cartolina?
¿Qué murmullo ha desaparecido de la
pantalla
muda de esta kodak?
Treinta años y una palabra para tener
aquellas pupilas, filmar el modo
justo que ellas
siguieron en una circunstancia
su consentimiento fulminante
el instante de maravilla, no basta.
Iré a vivir un día con vosotros
donde no fluye savia, no rezuma
espíritu de hogar
y la piedad se ofusca.
Y todo acabará, en un ostensorio cincelado
esmeradamente o en un cáliz
levantado en el altar; terminare el vaivén
entre vosotros y
yo que me esperáis
allí abajo, en
las escaleras, después de una boda.
Elegia piccola
Ogni giorno è il primo e l’ultimo
se dietro cessa di esistere
fitto e solido il tuo futuro.
Stacco dall’album delle foto schegge
alcune limpide altre sbiadite:
temi di sorridere e da tempo lasci
frusciando come un’ombra leggera
e impertinente questa valle.
Dove vai oggi? Fa notizia
la coppia che vive scissa, ognuno
tiene alla sua metà di agio
privato, sempre in tregua,
e noi che abbiamo il desiderio
di stare insieme anche nel buio?
Dove non conta niente forse
neanche questo muro di gente
che sposta i tuoi piccoli passi
e scompare dopo una calle,
come l’albero che perde un fiore,
un fiore che lascia l’albero.
Elegía pequeña
Cada día es el primero y el último
si atrás cesa de
existir
espeso y sólido tu futuro.
Despego del álbum de fotos fragmentos
algunos nítidos otros desteñidos:
temes sonreír y
desde hace tiempo dejas
crujiendo como una sombra ligera
e impertinente este valle.
¿Dónde vas hoy? Da que hablar
la pareja que vive separada, a cada cual
le importa su mitad de comodidad
privada, siempre en tregua,
¿y nosotros que
sentimos el deseo
de estar juntos
también en la oscuridad?
Donde no cuenta nada quizás
ni este muro de
gente
que desplaza tus
pequeños pasos
y desaparece
después de una calle,
come el árbol que pierde una flor,
una flor que deja el árbol.
Questa strana pace
Dalla bocca del mio vicino esce uno spiffero
caldo e forte rivela cose che non conosco.
Esiste un posto, e là grandi città
meravigliose, senza luce e acqua,
dove le mosche vivono meglio dei cani
dice e questi meglio degli uomini:
cataste d’immondizia sovrastano i palazzi
le macchine inciampano in carcasse di lamiere
e animali, ognuno va dove gli pare.
Da tempo non esistono strade.
Ha un muscolo semplice e onesto:
si chiama cuore, ama gli spaghetti
e il vino buono, l’ozio e il lavoro,
e qualche volta la televisione.
Ma sai quando si vive con i morti scopri
che almeno un giorno all’anno
(però non tutti gli anni) ti accolgono
e devi approfittarne, sennò muori
quel giorno, e nessuno ti aspetta, resti solo.
Ti conviene, se viene, non perderlo.
Per me quel giorno c’è stato.
Dal finestrino abbassato ora un vento si alza
freddo, vorace, e le parole strappa
dalla faccia, e le ultime alla radice.
Squarcia il mio silenzio. Questa strana pace.
Esta extraña paz
De la boca de mi vecino sale una corriente
cálida y fuerte, revela cosas que no
conozco.
Existe un sitio,
y allá grandes ciudades
maravillosas, sin
luz ni agua,
donde las moscas
viven mejor que los perros
dice y estos
mejor que los hombres:
montones de
basura dominan los edificios
los coches
tropiezan en carcasas de chapas
y osamentas, cada cual va donde le da la
gana.
Desde hace tiempo no existen calles.
Tiene un músculo sencillo y honesto:
se llama corazón, ama los espaguetis
y el buen vino, la ociosidad y el trabajo,
y alguna vez la televisión.
Pero sabes, cuando se vive con los muertos
descubres
que al menos un día al año
(pero no todos los años) te acogen
y tienes que
aprovechar, si no te mueres
ese día, y nadie
te espera, te quedas solo.
Te conviene, si viene, no perderlo.
Para mí aquel día ha existido.
De la ventanilla bajada ahora un viento se
levanta
frío, voraz, y
las palabras arrancadas
de la cara, y las
últimas de raíz.
Rompe mi silencio. Esta extraña paz.
Solitudini
Va così. Che un giorno come tanti
torni a casa, dal lavoro, e le pareti
il soffitto, ogni stanza, le vecchie
tende, le ciminiere, l’ombra incerta
del ficus, nel corridoio, la finestra
da cui entra parte di mondo
o quel che avanza, la porta
che porta fuori e dentro
ovunque entriamo e usciamo
altrove, è un mucchio di macerie.
Scendi in piazza, scegli la scorciatoia
invece della strada, cammina
cammina, è un’altra città,
stesso soffiare di vento o controvento,
e di polvere, ma non la piazza.
Anche svoltare in fra la gente
con il passo solito, innaturale
raccogliere un profumo nella via
deserta o in un vicolo che risale
il vecchio centro, i muri di casa,
di questa stanza, questo nome leggero,
è un mucchio di macerie.
Ora scappa, cerca un altro paese
più vasto. La via non è comoda
ma lunga, e basta un passaggio,
chiudere gli occhi, tenere il respiro
ssst… scendere contento
davanti al fotoreporter. Dice sì
lo specchio buio come un pozzo
che hai negli occhi, racconta
sempre di morti: nessuno ha staccato
il biglietto. Neanche tu.
Dicono tutti che è andata così.
Soledades
Va así. Que un día como tantos
vuelves a casa, del trabajo, y las paredes,
el techo, cada habitación, las viejas
cortinas, las chimeneas, la sombra incierta
del ficus en el pasillo, la ventana
por la que entra parte del mundo
o lo que sobra, la puerta
que lleva fuera y dentro
al entrar y al salir a cualquier sitio,
es un montón de escombros.
Vas a la plaza, coges un atajo
en vez de la
calle, camina
que caminarás, es otra ciudad,
el mismo soplo de viento o contra viento,
y de polvo, pero no la plaza.
También doblar entre la gente
con el paso habitual, innatural
recoger un
perfume en la calle
desierta o en una calleja que sube
hacia el viejo centro, las paredes de la
casa
de esta habitación, este nombre libero,
es un montón de escombros.
Ahora huye, busca otro pueblo
más vasto. El camino no es cómodo
pero largo y basta un pasaje
Cerrar los ojos,
contener la respiración
chisss… bajar contento
delante del reportero. Dice que sí
el espejo oscuro como un pozo
que tienes en los
ojos, habla
siempre de muertos: nadie ha sacado
el billete. Tampoco tú.
Dicen todos que ha ido así.
Sì
L’11 settembre venne cinque anni dopo.
Seduto in poltrona, davanti al televisore.
Seduto ad ascoltare le parole
degli ultimi testimoni tornati
a cercare l’angelo che li ha salvati.
Seduto solo, a sperare. Senza prove.
Oggi, pare, non ci sono aerei che cadono sulle case.
La colf guarda stupita le due torri che tornano
cinque anni dopo a brillare nel quadro
e ricadono, non è un errore
le spiego, non è un film americano,
non è successo oggi. Non ne sapeva niente.
La sera il giorno che aveva cambiato il mondo
crollo sulla poltrona senza fiato.
Tardi forse, ma l’ho capito solamente
cinque anni dopo.
Fu una tremenda questione occidentale
il giorno più difficile per tutti:
convincersi che qualcosa sarebbe cambiato
dopo. Avere paura, per esempio,
del mondo, ogni giorno.
E spifferarlo in televisione.
Credere nei controlli capillari,
nella pace, nelle sale d’aspetto.
In un dio nascosto e lontano.
Aspettare il boato.
Io un mese dopo quell’11 settembre dicevo sì.
Sposarsi a febbraio. Un mese ideale
freddo e breve. Resterebbe
inosservato a Venezia senza carnevale.
Sì. Avere una famiglia ospitale.
Bambini, mutuo, conto unico.
L’assicurazione sulla vita. Una leggera
fretta ogni mattina, la voce rauca.
E poi le prediche dei pedagogisti
e dei pediatri, la ricetta dei dentisti.
E un giorno avrò un’urna più leggera.
Ormai è facile finire in cenere e macerie.
Tremo all’idea di scendere scale
e scale prima di dissolvermi quel giorno
come quell’11 settembre, al lavoro o in ferie.
Restare nell’intercapedine di un palazzo
di vetro e cartongesso che si sbriciola
bruciato, vaporizzato.
Come un vano d’aria, avida ruggine.
Davanti a uno straccio di città
che cerca un altro muro più alto
protetto, e sprona, e vola
dove gli aerei non possono cadere.
Non devono. Ma non è facile.
Sí
El 11 setiembre vino cinco años después.
Sentado en un sillón, frente al televisor.
Sentado escuchando las palabras
de los últimos
testigos que han vuelto
a buscar al ángel que los ha salvado.
Sentado solo, esperando. Sin pruebas.
Hoy parece que no hay aviones que caen
sobre las casas.
La asistenta mira estupefacta las dos
torres que vuelven
cinco años
después a brillar en el cuadro
y caen de nuevo, no es un error
le explico, no es una película americana,
no ha ocurrido hoy. No sabía nada.
La tarde, el día que había cambiado el
mundo
me derrumbo en el sillón sin aliento.
tarde acaso, pero lo he entendido sólo
cinco años
después.
Fue una tremenda cuestión occidental
el día más difícil para todos:
convencerse de que algo cambiaría
después. Tenerle miedo, por ejemplo,
al mundo, cada día.
Y contarlo en televisión.
Creer en los
controles capilares,
en la paz, en las
salas de espera.
En un dios
escondido y lejano.
Esperar el estruendo.
Un mes después de
aquel 11 de setiembre yo decía que sí.
Casarse en febrero. Un mes ideal
frío y corto. Pasaría
desapercibido en Venecia sin carnaval.
Sí. Tener una familia acogedora.
Niños, hipoteca, cuenta única.
El seguro sobre la vida. Una libera
prisa cada mañana, la voz ronca.
Y luego los
sermones de los pedagogos
y de los
pediatras, la receta de los dentistas.
Y un día tendré
una urna más ligera.
Ahora es fácil
acabar en cenizas y escombros.
Tiemblo a la idea
de bajar escaleras
y escaleras antes
de disolverme ese día
come aquel 11
setiembre, en el trabajo o en las vacaciones.
Quedar en la
grieta de un edificio
de vidrio y
cartón piedra que se desmorona,
quemado, pulverizado.
Como un hueco de aire, ávida herrumbre.
Frente a una mínima ciudad
que busca otro muro más alto
protegido, y
espolea, y vuela
donde los aviones no pueden caer.
No deben. Pero no es fácil.
|